“…mentre gioca, e forse soltanto mentre gioca, il bambino o l’adulto è libero di essere creativo…”
{Winnicott}
Gioco “lavoro”, di esercizio e simbolico.
Quando un bambino sta giocando, per la Montessori, sta “lavorando”, il valore del gioco risiede dunque nella possibilità di offrire al bambino di restare nella realtà, senza necessariamente attivare un processo immaginativo rispetto agli oggetti con cui entra in contatto. L’ancoraggio alla realtà a cui la Montessori fa riferimento è possibile grazie ad un ambiente che circonda il bambino in cui lo stesso ritrova oggetti con cui compiere semplici attività di vita pratica.
Questa visione del gioco risulta essere in linea con la cornice della “mente assorbente”, che caratterizza la mente nel periodo infantile, teorizzata dalla stessa: gli elementi che il bambino trova nel suo ambiente gli permettono di sviluppare competenze di vita, utili allo sviluppo motorio e linguistico. L’ambiente “a misura di bambino” è facilmente accessibile e non necessita della guida o presenza costante dell’adulto.
Ad oggi possiamo affermare che il gioco è un’esperienza che permette al bambino uno sviluppo non solo di competenze pratiche ma anche di tipo immaginative, dunque simboliche dove il “fine” educativo non è solo quello di imparare ma diventa anche quello di sentire, immaginare e sperimentare.
Piaget individuò i giochi di esercizio, ovvero tutte quelle attività di gioco che il bambino ripete all’interno di uno schema prevalentemente semplice, generando dallo stesso una forma di apprendimento. Si tratta di giochi di movimento indispensabili per la crescita psicofisica del bambino.
Nel gioco di esercizio il bambino soddisfa sia il piacere “funzionale” (ad esempio quando scopre che è capace di sollevarsi da solo) sia quello “causale” (ad esempio quando fa suonare un giocattolo).
Questi giochi nella loro estrema semplicità costituiranno la base su cui, nella seconda infanzia, il bambino sperimenterà il gioco simbolico. Nel gioco simbolico il bambino mette in atto schemi maggiormente complessi, sia motori che vocali. Questi non saranno necessariamente legati ad un oggetto “del quotidiano” ma anche ad oggetti nuovi o a situazioni immaginate (“facciamo finta che…”).
Il gioco di esercizio così come quello simbolico hanno dunque una duplice funzione: cognitiva ed emotiva. In particolar modo la funzione emotiva del gioco simbolico può permettere una “compensanzione” ovvero far realizzare, attraverso l’immaginazione di una data situazione, il desiderio del bambino o ancora può permettergli di sperimentare la conoscenza e l’utilizzo di alcune social skills.
All’interno del gioco simbolico il bambino può inoltre risperimentare situazioni o eventi di vita reale che sono state percepite come spiacevoli o al contrario come divertenti, riuscendo a sdrammatizzare o a rievocare il contenuto emotivo di quell’esperienza non solo in una situazione “protetta”, in quanto di gioco, ma anche con un ruolo diverso da quello avuto nella realtà (ad es. pensiamo al bimbo che gioca ad essere il dottore e cura il suo peluche).
Il gioco non è quindi considerato tale solo in presenza di precisi oggetti o “strutture” (regole specifiche , presenza di un adulto, finalità educativa, apprendimento etc.etc.), vi sono infatti attività che possono comprendere anche l’uso del disegno o della musica. L’utilizzo di queste attività diventa un catalizzatore dello spirito creativo del bambino, avendo funzioni non solo educative ma anche espressive
In particolare l’uso del disegno nei primissimi anni di vita è legato all’espressione del movimento e al piacere di lasciare tracce di sé. Successivamente, con lo sviluppo psicomotorio, il bambino acquisisce una specifica intenzionalità rappresentativa e passa dunque dal realizzare disegni semplici (ad esempio “scarabocchi”) a forme più chiare e complesse, espressione della propria creatività ma anche della lettura e della riproduzione di oggetti e persone della propria quotidianeità.
Un’altra attività di gioco può essere quella che prevede l’utilizzo della musica. L’età prescolare evidenzia sin da subito quanto i bambini siano interessati alla musica attraverso il canto o il muoversi “a ritmo”, non è un caso che questi anni siano ritenuti di massima ricettività verso la stessa.
L’esperienza del gioco dunque, permette, a seconda del grado di strutturazione di vivere un’esperienza non “rigida”, dunque non focalizzata esclusivamente su obiettivi prestabiliti, ma capace di conservare un ampio spazio di possibilità per sperimentare e sollecitare aspetti cognitivi, emotivi, di apprendimento e di creatività.
La creatività nel gioco
Possiamo definire la creatività, nello specifico del gioco, come la capacità di utilizzare in maniera originale oggetti di vario genere. Nel fare ciò il bambino sperimenta un certo grado di:
- fluidità, ovvero la capacità di provare a generare più situazioni di gioco;
- flessibilità, ovvero la capacità di scegliere tra le varie possibilità di gioco anche quella meno nota nell’esperienza maturata;
- elaborazione, ovvero la capacità di sviluppare, nel tempo, giochi maggiormente complessi.
La creatività secondo Gardner, teorico delle intelligenze multiple, non è una caratteristica che appartiene al singolo ma è la risultante di variabili, quali: le potenzialità e le abilità dell’individuo, il bagaglio culturale ed esperenziale e l’ambiente, inteso come “contenitore” capace di fornire stimoli fin dalla primissima infanzia (ad es. l’educatore, il compagno di giochi, l’adulto etc.etc.).
La creatività in generale, e dunque anche quella presente nel gioco, è intimamente connessa non solo allo sviluppo psicofisco del bambino ma anche al suo benessere psicologico, questo perché permette loro di essere protagonisti attivi delle attività che andranno a creare o ad immaginare, sia nel pensiero che nell’azione.
Giocare dunque resta un momento prezioso per lo sviluppo del bambino dove creatività, fantasia e inventiva si intrecciano con il suo graduale sviluppo psicofisico.
Bibliografia
- A. O. Ferraris, A. Oliviero. Fondamenti di psicologia dello sviluppo. Estratti di Psicologia. Zanichelli (2002);
- A. Lupi. Il ruolo del gioco infantile nel pensiero di Maria Montessori e nelle scuola a metodo. Reladei (2016).